PER UNA NUOVA ARCHITETTURA DEL TERRITORIO. ALLA RICERCA DEI MAESTRI DELLA FORMAZIONE: Idana Pescioli per la Toscana e Danilo Dolci per la Sicilia

di Emma Viviani

PER UNA NUOVA ARCHITETTURA DEL TERRITORIO.
ALLA RICERCA DEI MAESTRI  DELLA FORMAZIONE:
Idana Pescioli per la Toscana  e  Danilo Dolci per la Sicilia

A partire dagli anni '50 iniziano esperienze in campo scolastico e didattico – sperimentali con la scuola libera di Don Milani a Barbiana, che intendeva avviare percorsi innovativi ribellandosi all’insegnamento tradizionale. Nella visione di Don Milani la scuola è come “un ospedale che cura i sani e respinge i malati”, in quanto risulta incapace di aiutare a formare i ragazzi che sono in difficoltà rispetto a quelli che erano già avviati dalle famiglie ad una buona crescita formativa, esemplificando questo genere di allievi come “Pierino del dottore”(cioè Pierino, figlio del dottore, che sa già leggere quando arriva alle elementari). Sempre nella seconda metà degli anni ’50 troviamo la “Scuola tra gli ulivi” di Idana Pescioli che considera l’insegnamento scolastico sin dalla Scuola dell'infanzia, un primo passo verso la concezione di libertà intesa come non violenza (in seguito Idana P. diverrà fondatrice del G.U.S.I.A.S – Gruppo Universitario Studenti Insegnanti Aggiornamento Sperimentazione). Anche l’operato di Danilo Dolci in Sicilia abbraccia un percorso di costruzione del territorio basato sul processo democratico-partecipativo. La mancanza delle istituzioni statali produce l’emergere di strutture parallele che soppiantano le forme pubbliche accettabili, al contrario dalla vita di strada al clientelismo politico maturano favoritismi, corruzione e crimini. Comprendere questi fenomeni significa entrare nel merito di una struttura sociale in cui il “bandito”, non è un fenomeno, bensì il sintomo e i postumi di un processo storico e culturale che si è fatto strada nel tempo. La riflessione maieutica di Dolci si apre ad un confronto con il territorio lacerato e inesistente agli occhi delle autorità cittadine, riportando la persona, il povero o il derelitto ad essere protagonista del cambiamento in una visione di ascolto e di partecipazione.


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